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Coronavirus e morte dei migranti di fede islamica. Un’emergenza nell’emergenza

COVID-19  2019-nCoV concept. Human hands holding various smart devices with coronavirus alerts on their screens. flat vector illustration

Il 29 marzo, a seguito della chiusura delle rotte aeree per l’espandersi della pandemia e alla conseguente impossibilità di rimpatriare per la sepoltura le salme dei migranti musulmani, l’UCOII (Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia) ha redatto e pubblicato – all’interno del proprio sito – un documento contenente le indicazioni che l’Unione delle comunità islamiche fornisce sulle caratteristiche delle aree cimiteriali islamiche.

In questo documento, pensato come strumento per comunità e istituzioni, sono racchiusi i criteri e le indicazioni – individuate dall’UCOII, è bene sottolinearlo – per la realizzazione di cimiteri islamici o aree dedicate alla pratica di sepoltura per i defunti musulmani.

Alcuni di questi criteri sono inderogabili, come i primi due punti (1. specificità dell’area, intendendo cioè che l’area, ben delimitata, recintata e definita, deve essere completamente dedicata alla sepoltura dei soli fedeli musulmani; 2. direzione della Mecca, intendendo che la salma dovrà essere obbligatoriamente seppellita con il metodo dell’inumazione, con la testa rivolta a sud-ovest, in modo che il corpo, una volta calato nella fossa, volga il viso verso sud-est, quindi verso la Mecca), mentre gli altri (altezza della superficie al di sopra della tomba; ornamenti cimiteriali; divieti e raccomandazioni; convenzioni con le comunità locali) sono auspicabili. È interessante sottolineare come nel documento siano inclusi una bozza di convenzione con gli enti locali per la gestione del comparto islamico del cimitero comunale e un modello di protocollo d’intesa per l’effettuazione delle esumazioni dei defunti osservanti la religione islamica.

Su ottomila Comuni italiani, solo in cinquantotto c’è un’area cimiteriale dedicata ai musulmani all’interno dei cimiteri comunali e questo problema è divenuto particolarmente rilevante a causa dell’emergenza Coronavirus, che ha impedito il rimpatrio delle salme.

Il problema è legato alle regole comunali. I piani regolatori cimiteriali sono decisi dai singoli Comuni – essendo i cimiteri di competenza comunale – e ci sono regole molto rigide, soprattutto per quel che concerne il vincolo della residenza. Il caso di Brescia è illuminante. Nel cimitero di Brescia c’è un’area di sepoltura esclusivamente dedicata ai musulmani, ma se dovesse morire un migrante musulmano residente in un Comune, distante anche solo cinque chilometri dalla città, costui non può essere seppellito nel cimitero bresciano, in quanto il defunto non è residente in città. E questo è un grosso problema.

Come mostra il recente fatto di cronaca avvenuto a Pisogne, un piccolo Comune in provincia di Brescia appunto, dove una famiglia musulmana è stata costretta a convivere nella propria abitazione per una settimana con la madre, morta il 18 marzo per il Coronavirus, chiusa in una bara, perché non c’è un cimitero musulmano nel Comune di residenza. Ci sono, poi, intere regioni in cui non c’è un’area cimiteriale per persone di fede islamica, come ad esempio la Campania.

La proposta del presidente dell’UCOII, proprio a seguito dei numerosi decessi causati dal Coronavirus, è quella di creare un cimitero a livello regionale, per assicurare in ogni regione un’area di sepoltura per i fedeli musulmani.

L’Unione delle comunità islamiche d’Italia ha messo a disposizione, sul suo portale, anche un numero telefonico a cui è possibile inviare un messaggio per segnalare il decesso di un proprio familiare di fede islamica. In caso di segnalazione, l’Ucoii interviene direttamente facendo da tramite tra la famiglia del defunto e le istituzioni, per cercare un Comune che accetti una salma da far seppellire nell’area dedicata ai musulmani.

di Giovanni Giulio Valtolina, Responsabile Settore Religioni Fondazione ISMU