Ricerca Integrazione – Economia e lavoro

ISMU svolge una costante azione di monitoraggio dei percorsi di inclusione/espulsione e mobilità dei lavoratori stranieri nel mercato del lavoro italiano, analizzati alla luce delle tendenze europee e internazionali.

Il monitoraggio si fonda sulla ricognizione, l’elaborazione e l’analisi critica di dati di fonte diversa che consentono di disporre – fatti salvi alcuni limiti delle fonti statistiche disponibili – del quadro relativo a

  • la popolazione straniera attiva e inattiva, occupata e disoccupata e i relativi tassi disaggregati per genere ed età
  • le caratteristiche degli stranieri occupati (distribuzione per titolo di studio, genere ed età; distribuzione per settore d’occupazione e gruppo professionale; distribuzione per tipologia contrattuale)
  • le previsioni di nuove assunzioni di stranieri e le loro caratteristiche 
  • il lavoro autonomo e imprenditoriale
  • le politiche di governo delle labour migrations.

Una particolare attenzione è dedicata ai percorsi di inclusione lavorativa dei titolari di protezione internazionale (vedi Inclusione lavorativa dei migranti per ragioni di protezione).

L’esito dell’attività di ricerca su questi temi viene pubblicato nel nostro Rapporto annuale sulle migrazioni. Vedi anche QUI

Inoltre nell’ambito del Lavoro di Fondazione ISMU svolge ricerca anche nei seguenti ambiti tematici

Questo filone di interesse si è rafforzato a partire dalla ricerca esplorativa sulle azioni di diversity management interculturale in imprese italiane, pubblicata (M. Monaci, Culture nella diversità, cultura della diversità. Una ricognizione nel mondo d’impresa, Quaderni ISMU 1/2012) e presentata pubblicamente in un convegno nel giugno 2012.

Una seconda iniziativa, di portata internazionale, coincide con il progetto DIVERSE – Diversity Improvement as a Viable Enrichment Resource for Society and Economy: finanziato dal Fondo Europeo per l’Integrazione dei cittadini di paesi terzi, comprende un’articolata serie di attività contestualmente svolte in 10 paesi dell’Unione europea con il coordinamento del centro di ricerca WWELL dell’Università Cattolica di Milano. Più in particolare le azioni previste, che si sono svolte a cavallo tra la fine del 2013 e i primi mesi del 2015, comprendono la realizzazione di 100 studi di caso sulle pratiche di diversity management implementate da aziende private e organizzazioni senza fini di lucro; la messa a punto e la validazione di un dispositivo “partecipato” per il riconoscimento dei saperi formali, informali e non formali dei lavoratori stranieri; la sperimentazione di percorsi di coinvolgimento dei migranti in organizzazioni di volontariato nella prospettiva di un rafforzamento della cittadinanza attiva; un’ampia azione di diffusione dei risultati e di sensibilizzazione degli attori locali da realizzarsi attraverso l’organizzazione di seminari nei 10 paesi coinvolti, la pubblicazione di report intermedi e finali, la predisposizione e la diffusione tramite i mass media di policy briefs.

Infine, attraverso i lavori “Tavolo sul diversity management”, operativo dal giugno 2012 per iniziativa del Centro WWELL e della Fondazione ISMU, si stanno promuovendo attività di conoscenza, condivisione e trasferimento di buone prassi di gestione delle differenze socio-culturali negli attuali contesti organizzativi, con particolare riferimento alla realtà del Nord-Italia. Il Tavolo coinvolge un network di accademici, manager e consulenti d’impresa, referenti di organizzazioni non profit e sindacali interessati alla diffusione ma ancor prima all’identificazione di pratiche di valorizzazione della diversità nell’azione organizzativa (rispetto a lavoratori, utenza, consumatori), con un’attenzione privilegiata – ma non esclusiva – ai meccanismi espliciti o più taciti di cross-cultural management, ossia di riconoscimento e valorizzazione delle differenze di matrice nazionale, etnica e religiosa. Tre sono i filoni principali di questa iniziativa scientifico-culturale. Il primo riguarda la ricostruzione puntuale, attraverso periodiche presentazioni interne, delle concrete prassi attuate dalle organizzazioni aderenti al Tavolo; ciò in funzione di una loro raccolta e re-interpretazione che possano eventualmente sfociare, anche con l’utilizzo di categorie teoriche emergenti dalla corrente letteratura, in un contributo pubblicato. In secondo luogo, si è avviato un percorso di riconoscimento e – per quanto possibile – di valutazione e capitalizzazione delle esperienze e competenze messe a disposizione dai partecipanti al Tavolo (sia singolarmente che nel loro confronto). La terza area di impegno consiste nella promozione di eventi mirati alla disseminazione delle azioni e dei risultati del Tavolo nonché alla sensibilizzazione del pubblico, o di specifiche categorie di pubblico, sui temi della “diversità al lavoro”; in tal senso, va registrato il notevole successo riscosso dal seminario pubblico organizzato in Università Cattolica nel febbraio 2013 su “Le età della vita: le concezioni religiose, le implicazioni per la gestione d’impresa”, nel quale si è cercato di riflettere sugli effetti nella sfera lavorativa e manageriale del complesso intreccio di due dimensioni della diversità quali le differenze di età e l’appartenenza a diverse tradizioni religiose.

Attualmente è in corso il progetto DIMICOME. Vedi i dettagli QUI

Il rapporto tra migrazioni e sviluppo è divenuto oggetto, negli ultimi anni, di una crescente attenzione a livello internazionale. L’obiettivo di rendere la governance della mobilità umana uno dei pilastri delle politiche di sostegno allo sviluppo è oggi tra le priorità delle principali agenzie internazionali, dell’Unione Europea e, sempre più spesso, degli stati d’origine e di destinazione dei flussi migratori. Esso è inoltre al centro di una fiorente produzione scientifica.

Il Settore Economia e lavoro ha avviato un’attività di ricognizione bibliografica dei principali contributi scientifici in merito e di monitoraggio dei progetti nazionali ed internazionali e dei documenti e pronunciamenti dell’Unione europea relativi a questo tema.

Inoltre, a partire dal progetto Mapid – Migrants’ Associations and Philippine Institutions for Development – (realizzato tra il 2008 e il 2010, co-finanziato dalla Commissione europea, promosso dallo Scalabrini Migration Centre di Manila e da una partnership di cui Fondazione ISMU è stata membro attivo), il Settore Economia e lavoro ha portato avanti una propria riflessione sul tema del co-sviluppo, che lega al nesso tra migrazioni e sviluppo un terzo elemento: la cittadinanza attiva o partecipazione civica dei migranti.

Per approfondire

Migration and Development: Old and New Ambivalences of the European Approach, by Laura Zanfrini. December 2015

Il settore Economia e lavoro di Fondazione ISMU pone al fulcro del proprio interesse scientifico il tema dei saperi e delle competenze dei migranti, nonché del loro riconoscimento. Agendo tramite iniziative di ricerca, sensibilizzazione e network building persegue l’obiettivo di portare a galla e sprigionare, nel mercato del lavoro,  il potenziale delle risorse umane con background migratorio, ed in particolare dei loro apprendimenti formali, non formali ed informali.

In tale direzione, un primo scoglio da superare è la difficile emersione di questi saperi, che spesso restano invisibili a causa della scarsa accessibilità e fruibilità dei sistemi preposti al riconoscimento delle qualifiche e delle competenze e alla loro scarsa duttilità nel rispondere alle sfide poste dalla diversità. Nell’ambito del progetto internazionale DIVERSE è stata realizzata, su scala europea, una comparazione dei diversi sistemi nazionali di riconoscimento degli apprendimenti formali, non formali ed informali, che sono stati analizzati anche, specificamente, nel loro livello di “migrant friendliness”. Ne è scaturita una stimolante riflessione ricca di spunti per un miglioramento di tali sistemi, nella direzione di una maggiore inclusività (a tal proposito si veda: Lodigiani R., Sarli A. (2017), Migrants’ Competence Recognition Systems: Controversial Links between Social Inclusion Aims and Unexpected Discrimination Effects.   in European Journal forResearch on the Education and Learning of Adults, 2017; 8 (1).

Parallelamente, nell’ambito dello stesso progetto, è stato attivato e guidato un processo transnazionale, partecipato e multi-stakeholder, che ha portato alla messa a punto e alla validazione di un dispositivo specificamente finalizzato all’emersione e al riconoscimento delle competenze dei migranti, con particolare riguardo a quelle sviluppate proprio in virtù dell’esperienza migratoria (a tal proposito si veda: Catania C., Sarli A., e Serio L., Building a multi-stakeholder device for the validation of non/in-formal learning: a shared experience on a European level, in: L. Zanfrini (a cura di), The Diversity Value. How to Reinvent the European Approach to Immigration, McGraw-Hill Education, Maidenhead, UK, 2015, pp. 79.98.

Tra le abilità intrinsecamente legate al background migratorio, che è esperienza diretta per i migranti e eredità familiare per le seconde generazioni, campeggiano le competenze interculturali. Si tratta di una risorsa tanto preziosa quanto sottoutilizzata, nell’ambito di una contemporaneità globalizzata sempre più intensamente messa alla prova dalle sfide del pluralismo culturale e dell’interconnessione planetaria. Il settore Economia e lavoro si dedica con particolare attenzione all’analisi di questo patrimonio e alla promozione del suo riconoscimento sociale. Ciò è considerato strategico sia per favorire l’inclusione lavorativa delle persone con background migratorio, sia per innescare auspicabili processi di riorganizzazione in chiave pluralistica ed inclusiva dei servizi e delle organizzazioni del mercato del lavoro (a tal proposito si veda: (Sarli A., (2017), Le competenze interculturali delle persone con background migratorio: una risorsa da comprendere e valorizzare, ISMU Paper, luglio.

Oltre alle competenze maturate in contesti informali (come la migrazione), anche i saperi acquisiti all’estero in ambito formale necessitano un riconoscimento che spesso non è immediato né semplice da conseguire. Sono numerosi i pronunciamenti di recente emanati dalle istituzioni  europee che esortano gli Stati membri ad impegnarsi per favorire il riconoscimento delle qualifiche dei migranti, opportunità che ne favorisce l’occupabilità e la mobilità professionale, oltre a promuovere un più adeguato incontro tra domanda e offerta di lavoro. Se una serie di ostacoli, quali la farraginosità  e gli elevati costi delle procedure, la mancanza di informazione e le barriere linguistiche e culturali, scoraggiano molti migranti dall’intraprendere la strada del riconoscimento, per i beneficiari di protezione internazionale può sussistere una difficoltà ancora più sostanziale. Si tratta della frequente assenza o scarsità della documentazione attestante la qualifica, dovuta alle circostanze repentine in cui si è verificata la partenza. Dal 2014 tale criticità è affrontata dalla normativa italiana (comma 3 bis all’art. 26 del D. L. 251/2007) che, implementando la Convenzione di Lisbona sul riconoscimento, prevede per i beneficiari di protezione internazionale la possibilità di riconoscimento anche in caso di documentazione frammentaria o assente. Ciò implica, per le autorità competenti, la messa a punto di nuove metodologie e strumenti.

Il settore Economia e Lavoro di ISMU segue con interesse questo processo di innovazione, che, specialmente  nel riconoscimento delle qualifiche accademiche e grazie all’impulso del Centro Enic-Naric Cimea, sta portando ad interessanti risultati e ad una trasformazione della cultura del riconoscimento (a tal proposito si veda: Sarli A. (2018), Nuove metodologie per la valutazione delle qualifiche accademiche dei beneficiari di protezione internazionale in Italia, ISMU Paper, marzo).

L’obiettivo di questo impegno a tutto tondo per la valorizzazione del capitale umano dei migranti è innanzitutto incoraggiare un cambiamento di carattere culturale, verso una nuova e più matura stagione nelle relazioni tra immigrazione e mercato del lavoro, in cui la prima non sia più vista soltanto come una riserva di forza lavoro adattabile e a buon mercato, ma piuttosto come una risorsa preziosa per la crescita sociale ed economica italiana ed europea.

Si segnala l’approfondimento tematico sulla valorizzazione delle competenze dei migranti realizzato sul Portale Integrazione Migranti del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. CLICCA QUI

Sulla base dell’intesa/collaborazione stipulata con Camera di Commercio di Milano, il Settore si occupa dello studio della demografia di impresa, mettendo a confronto le attività avviate dagli stranieri con quelle a titolarità italiana. Le analisi sinora compiute hanno consentito di indagare, per la prima volta in Italia, i processi di creazione e cessazione d’impresa su base longitudinale. Più in particolare, grazie all’impiego di raffinate tecniche di analisi statistica, si è arrivati a modellare la sopravvivenza delle imprese di Milano e provincia in funzione di una serie di caratteristiche osservabili che sono sul versante individuale, il genere, l’età e il Paese di nascita del titolare; sul versante d’impresa o ambientale, l’anno di registrazione dell’impresa e il settore Ateco di appartenenza. In aggiunta, volendo offrire un contributo rilevante non solo alla letteratura scientifica ma anche ai processi di policy-making e dunque agli attori politici ed economici del territorio, sono stati altresì indagati i fattori e le condizioni di contesto in grado di spiegare/predire le variazioni territoriali nei processi di natalità delle imprese straniere. Per questo scopo i dati di fonte Infocamere sono stati opportunamente geo-referenziati e quindi analizzati in combinazione con le statistiche sulla popolazione residente a Milano; il tutto in modo tale da comprendere come la segregazione residenziale della popolazione di origine straniera, da un lato, e la concentrazione delle imprese di ciascun gruppo nazionale in aree circoscritte della città di Milano, dall’altro lato, contribuiscano a spiegare i fenomeni di natalità delle imprese straniere.

Le elaborazioni prodotte indicano che, a parità di altri fattori osservabili, le imprese straniere di norma sopravvivono più a lungo di quelle a titolarità italiana; l’unica eccezione di rilievo è rappresentata dalle imprese cinesi, che sono quelle maggiormente esposte al rischio di cessare la propria attività in tempi rapidi. In aggiunta, quale altro fenomeno d’interesse, si osserva, sempre a parità delle altre variabili osservabili, una forte eterogeneità nelle dinamiche demografiche tra le imprese straniere, secondo il Paese di nascita del titolare. Il che rimanda all’importanza dei fattori di ordine etnico nella spiegazione della nascita e delle chance di successo delle imprese a titolarità straniera. In proposito, le analisi compiute suggeriscono come le imprese a titolarità straniera si vadano localizzando nel territorio cittadino seguendo il modello di segregazione residenziale del gruppo nazionale di riferimento e che la loro concentrazione in date aree della città contribuisca a spiegare l’eterogeneità osservata tra i diversi gruppi etnici in merito al numero di nuove imprese nate e ai tempi di sopravvivenza delle stesse.

Attualmente è in corso il progetto BITE – Building Integration Through Entrepreneurship.

L’inclusione socioeconomica dei migranti, e in particolare dei beneficiari di protezione internazionale, rappresenta un elemento cardine per massimizzare i vantaggi economici dell’immigrazione e ridurne gli impatti negativi, oltre che evidentemente per la qualità della convivenza e della democrazia.

Favorire i processi di rapida integrazione di persone, come i richiedenti asilo e i rifugiati, spesso fortemente provate dai loro tortuosi tragitti migratori, ma forse proprio per questo portatrici di competenze e potenzialità che potrebbero rivelarsi strategiche, è una sfida tanto impegnativa quanto imprescindibile.

Vedi la mappatura Inclusione lavorativa dei migranti e titolari di protezione internazionale

  1. Zanfrini L. (2021),The Labour Market, in Cesareo V. (ed.), The Twenty-sixth Italian Report on Migrations 2020, Fondazione ISMU, Milano.
  2. Zanfrini L. (2021), Il lavoro, in Fondazione ISMU, Ventiseiesimo Rapporto sulle migrazioni, FrancoAngeli, Milano.
  3. Zanfrini L. (2020),The Labour Market, in Cesareo V. (ed), The Twenty-fifth Italian Report on Migrations 2019, Fondazione ISMU, Milano.
  4. Zanfrini L. (2020), Il lavoro, in Fondazione ISMU, Venticinquesimo Rapporto sulle migrazioni 2019, FrancoAngeli, MIlano.
  5. Zanfrini L. (2019),The Labour Market, in Cesareo V. (ed.), The Twenty-fourth Italian Report on Migrations 2018, Fondazione ISMU, Milano.
  6. Zanfrini L. (2019), Il lavoro, in Fondazione ISMU, Ventiquattresimo Rapporto sulle migrazioni 2018, FrancoAngeli, Milano.
  7. Zanfrini L. (2018), Work, in Cesareo V. (ed.), The Twenty-third Italian Report on Migrations 2017, Fondazione ISMU, Milano
  8. Zanfrini L. (2018), Il lavoro, in Fondazione ISMU, Ventitreesimo Rapporto sulle migrazioni 2017, FrancoAngeli, Milano. (Scheda di presentazione del volume)
  9. Zanfrini L. (2017), The Labour Market, in Cesareo V. (ed.), The Twenty-second italian report on Migrations 2016, Mc Graw-Hill Education, Milano. Consulta
  10. Zanfrini L. (2017), Il Lavoro, in Fondazione ISMU, Ventiduesimo rapporto sulle migrazioni 2016, FrancoAngeli, Milano (Scheda di presentazione del volume)
  11. Zanfrini L., (2016), Il lavoro, in Fondazione ISMU, Ventunesimo Rapporto sulle migrazioni 2015, FrancoAngeli, Milano. (Scheda di presentazione del volume)
  12. Zanfrini L., (2016), The Labour Market, in Cesareo V. (ed.), The Twenty-first Italian Report on Migrations 2015, Mc Graw-Hill Education, Milano.
  13. Zanfrini L., (2014), Il lavoro, in Fondazione ISMU, Ventesimo Rapporto sulle migrazioni 1994-2014. FrancoAngeli, Milano. (Scheda di presentazione del volume)
  14. Zanfrini L., (2016), Work, in Cesareo V. (ed.), Twenty years of migrations in Italy: 1994-2014, Mc Graw-Hill Education, Milano. (Scheda di presentazione del volume)

Per gli anni precedenti vedi QUI.

Per altri dati sulle migrazioni vedi QUI.