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Progetto “Protocollo per la promozione del dialogo interculturale”

Questa iniziativa – realizzata dall’ente promotore – è stata selezionata per la Mappatura delle buone pratiche per l’inclusione lavorativa di migranti e rifugiati curata dal Settore Economia e Lavoro di Fondazione ISMU ETS.

L’ente promotore

UFFICIO INTERCULTURALE DEL COMUNE DI REGGIO EMILIA (SERVIZI SOCIALI-INTERCULTURA)

 

Gli enti partner

Le due reti di cooperative che, sul territorio, si occupano di accoglienza dei richiedenti asilo e dei beneficiari di protezione: Ati coordinata dalla Cooperativa Dimora d’Abramo e Ati coordinata dalla Cooperativa Ovile;

la Rete per l’insegnamento della lingua italiana “Diritto di Parola” e il Forum del Terzo Settore del Comune di Reggio Emilia.

Quando

Attivato nel 2017, il progetto mira a perdurare nel tempo

Dove

Comune di Reggio Emilia

Gli ambiti di intervento

  • Rafforzamento delle competenze, alfabetizzazione ed educazione civica come strumenti per l’integrazione sociale ed economica

Il target

Cittadini di origine straniera, prevalentemente richiedenti asilo o beneficiari di protezione.

L’obiettivo

Il protocollo intende favorire l’integrazione dei migranti attraverso la loro attivazione in percorsi di partecipazione civica e di volontariato. La partecipazione alle realtà associative e del terzo settore è infatti pensata come leva strategica per l’apprendimento della lingua italiana e per la costruzione di reti sociali, considerate risorse essenziali per la realizzazione di positivi percorsi di autonomia e radicamento sul territorio.

Le attività

I referenti di progetto si occupano inizialmente di identificare, all’interno delle organizzazioni coinvolte nel protocollo o in altre associazioni del territorio, le realtà in cui inserire i cittadini di origine straniera. Allo stesso tempo vengono individuati, tra i beneficiari dei servizi di accoglienza e integrazione erogati dalle reti di cooperative coinvolte nel protocollo, i migranti interessati a intraprendere un percorso di attivazione nel volontariato. I referenti di progetto si impegnano quindi a ideare, insieme ai soggetti coinvolti, percorsi di partecipazione in grado sia di rispondere alle esigenze delle realtà ospitanti, sia di valorizzare le potenzialità e soddisfare le aspirazioni dei migranti.

Il protocollo prevede alcuni momenti di formazione rivolti ai partecipanti, che riguardano ad esempio il tema del volontariato come forma di cittadinanza attiva. Spesso infatti i soggetti coinvolti provengono da ambienti culturali in cui il volontariato, così come concepito in diversi territori italiani, non è comunemente praticato, quindi non risulta immediatamente intelligibile nella sua logica e nei suoi obiettivi.

I percorsi attivati vengono monitorati e se necessario guidati attraverso una collaborazione fra le realtà ospitanti e le reti di cooperative coinvolte nel protocollo, che lavorano in continuo contatto con i beneficiari, spesso consultati per cogliere le potenzialità su cui puntare e le criticità da affrontare.

Le fonti di finanziamento

Il Comune di Reggio Emilia ha compiuto una scelta di autonomia: il protocollo e le attività realizzate nella sua cornice non dipendono da alcun finanziamento proveniente da entità terze. Le risorse stanziate vengono messe a disposizione dai soggetti sottoscrittori del protocollo, motivati a portare avanti l’iniziativa poiché convinti della sua importanza per la qualità della convivenza interetnica.

I risultati ottenuti in termini quantitativi

Nel 2018 più di 200 cittadini di origine straniera hanno partecipato alle attività promosse nell’ambito del Protocollo. Di questi, oltre l’80% ha portato a conclusione il percorso di partecipazione intrapreso.

I risultati ottenuti in termini qualitativi

La possibilità di praticare la lingua italiana durante i percorsi di volontariato ha avuto un rilevante impatto in termini di apprendimento. Il rafforzamento delle competenze linguistiche si è rivelato cruciale nel favorire l’interazione tra cittadini di origine straniera e società di residenza e nel promuovere traiettorie di integrazione sociale ed economica.

Allo stesso tempo, l’attivazione nel volontariato ha consentito ai migranti di riscoprirsi portatori di competenze e potenzialità, motivandoli ad intraprendere percorsi di radicamento volti alla realizzazione delle proprie aspirazioni.

Sviluppando insieme un senso di appartenenza al territorio e un approccio volto al coinvolgimento civico e alla cittadinanza attiva, l’iniziativa ha generato in molti partecipanti il desiderio di continuare ad offrire il proprio contributo alla comunità di residenza, anche dopo la conclusione del progetto di attivazione programmato. Questo ha determinato il proseguimento dei percorsi di volontariato intrapresi o l’avvio di nuove collaborazioni con diverse realtà associative del territorio. Si tratta di una dinamica che tende a influenzare positivamente anche la percezione della comunità di residenza nei confronti dei “nuovi cittadini”.

Per quanto riguarda specificamente l’inclusione lavorativa, sono frequenti i casi in cui dopo la conclusione delle attività di volontariato le realtà ospitanti si sono dette interessate a proseguire la collaborazione, avviando un tirocinio trimestrale, tendenzialmente finanziato dalle reti di cooperative attivate dal protocollo. In alcuni casi il tirocinio è sfociato in una vera e propria assunzione. Al di là di questi casi virtuosi, la costruzione di reti sociali favorita dal percorso ha spesso agevolato l’integrazione economica dei beneficiari, mettendo a loro disposizione una serie di opportunità di inserimento nel mercato del lavoro.

I punti di forza

Grazie al ruolo di garante che il Comune riveste nel Protocollo, il progetto acquisisce credibilità nei confronti delle realtà territoriali interessate a partecipare. Si profila così un rapporto di collaborazione fondato sulla fiducia e sulla comunanza di obiettivi e ideali, forza motrice dell’intera iniziativa.

A connotare il Protocollo, inoltre, è la proposta di un modello di integrazione che, invece di imperniarsi sulle fragilità dei migranti, evidenziando la necessità di promuoverne il supporto (con i rischi di deriva assistenzialistica che ciò comporta), si focalizza sulle potenzialità dei “nuovi cittadini”, sottolineando l’importanza di porli nelle condizioni di offrire il proprio contributo alla società ricevente.

Le criticità

Le nuove disposizioni normative in materia di sicurezza e immigrazione (Legge n.132/18 del 1° dicembre 2018), e in particolare l’abolizione del permesso per motivi umanitari, hanno diffuso tra i richiedenti asilo un clima di preoccupazione circa la possibilità di stabilizzare il proprio status legale in Italia. In precedenza una molla motivazionale verso i percorsi di attivazione era la volontà di dimostrare il proprio impegno nell’integrazione, anche allo scopo di fornire alle autorità deputate motivazioni valide su cui fondare la concessione di un permesso per motivi umanitari. Oggi questo tipo di spinta viene a cadere, poiché il livello di integrazione raggiunto non sembra più essere un criterio rilevante per il riconoscimento della protezione. Ciò spesso determina un disinvestimento dei richiedenti asilo nei percorsi di partecipazione intrapresi.

Le prospettive future

È prioritario offrire una risposta al sentimento di demotivazione rilevato fra i partecipanti. A tale scopo si sta ragionando su percorsi di formazione, per una messa a fuoco del significato e degli obiettivi del volontariato, oltre che dei benefici derivanti da un impegno consapevole e costante verso le attività proposte.

Si intende inoltre ampliare il ventaglio di realtà ospitanti e percorsi possibili, al fine di stimolare la partecipazione e l’interesse dei beneficiari, oltre che di accrescere la visibilità dell’iniziativa agli occhi della comunità.

 

Aggiornata marzo 2019.