Questa iniziativa – realizzata dall’ente promotore – è stata selezionata per la Mappatura delle buone pratiche per l’inclusione lavorativa di migranti e rifugiati curata dal Settore Economia e Lavoro di Fondazione ISMU ETS.
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20 Ottobre 2022Quando
21 agosto 2018 – 31 dicembre 2021. È iniziato in ritardo rispetto alla data prevista e ha beneficiato di diverse proroghe,
concentrandosi a partire dalla fine del 2019
Dove
Regione Piemonte
Gli ambiti di intervento
- Orientamento alla ricerca attiva del lavoro
- Bilancio e riconoscimento delle competenze
- Matching domanda/offerta di lavoro
- Tirocini e accompagnamento al lavoro
- Formazione e sviluppo professionale
Il target
Destinatari del progetto sono stati cittadini di paesi terzi e operatori dei centri per l’impiego. Inoltre, vi è stata una parte di formazione rivolta anche alle imprese. Con riguardo ai primi, è necessaria una precisazione. Infatti, pur essendo il focus originariamente rivolto a soggetti fragili con background migratorio intesi in senso lato, si è successivamente scelto di accordare un’attenzione particolare a soggetti titolari di protezione umanitaria e protezione internazionale. Infatti, nel periodo intercorso tra la scrittura del progetto e la sua attuazione, l’emanazione dei “Decreti Sicurezza” ha determinato l’insorgere della necessità di includere costoro in un percorso lavorativo, affinché potessero convertire il titolo di soggiorno. Al fine di dare una risposta immediata alla situazione emergenziale, si è quindi determinato un cambio parziale nella platea dei destinatari rispetto al percorso ideato in un primo momento.
I cittadini di paesi terzi sono stati individuati inizialmente mediante i centri per l’impiego. Questi ultimi, sulla base di elenchi, hanno contattato i soggetti che avevano già avuto un contatto con i centri per l’impiego stessi e avrebbero potuto costituire dei potenziali destinatari del progetto. Sempre questi ultimi hanno svolto un’attività di comunicazione mirata, presentando gli obiettivi e le attività del progetto all’interno dei CAS e tra gli attori territoriali a vario titolo coinvolti nell’integrazione e nell’accoglienza, così come nell’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Inoltre, APL e Ires hanno attinto alla propria rete di contatti sviluppata tramite le numerose progettualità implementate sul territorio per diffondere le opportunità generate dal progetto. Un altro canale di coinvolgimento è stato rappresentato dal passaparola.
Gli operatori dei centri per l’impiego sono stati coinvolti principalmente mediante le reti di contatti di Ires (che negli anni ha avuto l’occasione di svolgere numerose sessioni formative in questo contesto), di APL e di Regione Piemonte.
Gli obiettivi
L’obiettivo del progetto era favorire l’inclusione socio-lavorativa dei cittadini di paesi terzi maggiormente svantaggiati, affrontando nello specifico i bisogni di titolari di protezione internazionale e umanitaria. A tale scopo il progetto era volto a facilitare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro a favore dei cittadini di paesi terzi che hanno un minore accesso alle reti sociali, rafforzando le politiche e i servizi per il lavoro presenti sul territorio piemontese, migliorando l’implementazione delle misure di politica attiva del lavoro e proponendo percorsi di emersione delle conoscenze e delle competenze possedute.
Le attività
Le attività nelle quali si è declinato il progetto insistevano sull’integrazione dei servizi al lavoro e dell’accoglienza presenti sul territorio per creare sinergie e sviluppare una risposta che mettesse al centro la persona. Con la diffusione della pandemia da Covid-19 il tipo di sostegno è diventato fortemente personalizzato, dal momento che molti operatori dei servizi al lavoro sono diventati punti di riferimento per richiedere informazioni non strettamente attinenti all’inserimento lavorativo e la necessità di lavorare in rete con altri tipi di servizi si è rivelata ancora più urgente.
Le attività implementate all’interno del progetto sono state le seguenti
- Sono stati potenziati i servizi offerti dai centri per l’impiego attraverso l’inserimento di case manager (15) e mediatori culturali (10). Questi ultimi fornivano alcune iniziali informazioni orientative, attuavano una prima valutazione delle competenze e accertavano lo stato di disoccupazione, formalizzando la presa in carico del soggetto attraverso la banca dati SILP (Sistema Informativo Lavoro Piemonte) con la stipula di un patto di servizio personalizzato e l’attivazione dei servizi di ricerca lavorativa. Il progetto non finanziava specifiche misure di politiche attive del lavoro, ma l’obiettivo era di riuscire a indirizzare in via prioritaria – dall’inizio del percorso, per chi mostrava buoni livelli di occupabilità, o al termine dello stesso – alle offerte di politiche attive del lavoro sul territorio – in primo luogo tirocini – con l’idea di ottimizzare i servizi già esistenti
- Completava il primo step di accesso al centro per l’impiego e informazione la profilazione del beneficiario, svolta attraverso la sperimentazione dello skills profile tool per l’emersione delle competenze. Questo passaggio non solo è stato fondamentale in vista della creazione di un buon CV, ma ha anche permesso di uniformare le competenze degli operatori rispetto alla validazione delle skill formali, non formali e informali, con specifico riguardo ai titoli di studio conseguiti all’estero
- I soggetti profilati dai centri per l’impiego venivano in seguito selezionati per essere indirizzati a servizi specialistici (prove di mestiere e laboratori professionalizzanti, tra cui un livello base del corso di sicurezza sul lavoro). Questo passaggio è stato problematico perché è intercorso molto tempo tra la profilazione e la presa in carico da parte dei servizi specialistici. Si è trattato di una carenza attribuibile non solo alla pandemia in corso, bensì anche alle procedure burocratiche della regione Piemonte nella selezione dei soggetti cui affidare il subappalto. Pertanto, alcuni candidati non sono pervenuti ai servizi specialistici, altri hanno trovato un’occupazione autonomamente (forse anche grazie alla prima profilazione, sebbene non ve ne sia certezza), alcuni hanno lasciato il territorio e si sono spostati in altre regioni. L’azione dei servizi specialistici avrebbe potuto essere maggiormente significativa e, nonostante fosse stata affidata agli attori maggiormente titolati sul territorio, una serie di condizioni – anche riconducibili alla debolezza strutturale di tali servizi – ha determinato un loro minore impatto
- È stata poi condotta un’attività di ricerca quali-quantitativa volta a sistematizzare tutte le conoscenze disponibili raccolte ad ampio raggio sul tema domanda-offerta di lavoro per i rifugiati. Le informazioni – che comprendevano le procedure implementate sul territorio piemontese, a livello nazionale e internazionale – sono state raccolte nel report riassuntivo “Rifugiati al lavoro. Quali reti? Quali politiche?”
- Specifiche attività di formazione e sensibilizzazione sono poi state rivolte alle imprese, intercettate attraverso un’attività gestita da Ceipiemonte mediante la somministrazione di circa 500 questionari a medie imprese piemontesi. L’auspicio era coinvolgere le medio-grandi imprese sul territorio, tuttavia, a causa del fatto che queste ultime non sono numerose e che sono soprattutto le piccole imprese ad assumere cittadini di paesi terzi e ad attivare tirocini, si è ripiegato sul coinvolgimento di imprese di dimensioni più ridotte. I questionari hanno permesso di rilevare le esigenze e le criticità riscontrate in modo particolare dalle aziende che avevano già avuto esperienze lavorative con cittadini stranieri, soprattutto mediante l’attivazione di tirocini. Contestualmente, si voleva sondare la disponibilità delle imprese all’eventuale inserimento di tali soggetti particolarmente fragili, così da stilare un elenco delle imprese maggiormente sensibili. L’obiettivo delle rilevazioni effettuate era inoltre – sulla base dei bisogni e delle criticità registrate – la redazione di una guida pratica rivolta alle imprese, contenente indicazioni rispetto una pluralità di questioni riguardanti i temi dell’inserimento lavorativo e socioeconomico di migranti e rifugiati. Dalle rilevazioni effettuate è nato un lavoro che ha superato il focus regionale, inizialmente preventivato. La guida (Guida alle imprese per l’inserimento lavorativo dei rifugiati: https://www.tent.org/wp-content/uploads/2021/09/GUIDA-ALLE-IMPRESE-PER-LINSERIMENTO-LAVORATIVO-DEI-RIFUGIATI_6-maggio-2020.pdf) ha infatti intercettato l’attenzione della Fondazione Tent, che ha mostrato interesse a che diventasse la guida nazionale; pertanto, ha assunto infine un respiro più ampio. Contiene un focus sulla Regione Piemonte (servizi e progetti) e una sezione nazionale rivolta a tutte le imprese della penisola, che affronta tematiche trasversali (la normativa, le specificità giuridiche, gli strumenti di emersione delle competenze).
- Nell’ambito del Progetto Prima, esiste poi un forum di consulenza online – proposto in abbinamento ai percorsi di formazione per operatori – a cui gli operatori possono fare riferimento per eventuali necessità.
Le fonti di finanziamento
Finanziato dal Fami – Fondo asilo migrazione e integrazione 2014-2020 – Ministero del Lavoro
I risultati ottenuti in termini quantitativi
I beneficiari sono stati diversi a seconda delle azioni. Complessivamente, i beneficiari diretti sono stati 2.005, così ripartiti
- 1.492 beneficiari cittadini di Paesi terzi, di cui 1.051 uomini e 441 donne
- 513 operatori, di cui 115 uomini e 398 donne
- Numero di destinatari finali, cittadini di Paesi terzi, appartenenti alle 5 nazionalità non comunitarie più frequenti: Nigeria: 282 Marocco: 170 Senegal: 113 Mali: 103 Gambia: 84
- Numero di destinatari cittadini di Paesi terzi di target specifico (vulnerabilità registrate nella scheda destinatari): Analfabeti: 50; Genitori single con figlio/i minori al seguito: 43; Minori stranieri non accompagnati: 1.
I risultati ottenuti in termini qualitativi
Un aspetto assolutamente rilevante in termini di risultati qualitativi è stata la possibilità, per quanti sono stati ricontattati dai centri per l’impiego, di strutturare il proprio Cv in modo approfondito e di ricevere un primo orientamento rispetto alle opportunità del territorio. L’impatto su quanti ne hanno beneficiato è stato così significativo che un elevato numero di persone (in alcuni casi gli stessi operatori) ha pensato si trattasse di un servizio strutturato e non di un progetto circoscritto nel tempo, facendo richiesta di informazioni quando Prima volgeva alla conclusione. Ciò ha altresì permesso agli operatori dei centri per l’impiego di affinare la propria sensibilità circa il modo di rapportarsi all’utenza straniera nella comprensione di bisogni e necessità di quest’ultima, riconoscendo il ruolo fondamentale della mediazione culturale.
I punti di forza
I punti di forza del progetto sono stati molteplici.
In primo luogo, il coinvolgimento, all’interno dei centri per l’impiego, di case manager e mediatori, affiancati dagli operatori dei centri stessi, è stato molto utile rispetto al target individuato. I soggetti più svantaggiati quali i rifugiati, infatti, necessitavano di un accompagnamento fortemente personalizzato. Pur nel particolare momento della pandemia da Covid-19, è stato possibile mantenere con i beneficiari un collegamento telefonico e il costante supporto fornito anche nella vita quotidiana ha permesso che l’inserimento lavorativo venisse di conseguenza facilitato. Le sinergie createsi tra i vari professionisti, inoltre, hanno consentito l’emergere di consapevolezze e punti di vista nuovi in questi ultimi, a tal punto che è stato riportato come alcuni case manager abbiano in seguito intrapreso il concorso per accedere ai centri per l’impiego.
Tutt’altro che scontata, inoltre, si è rivelata la messa in rete delle competenze e delle conoscenze degli operatori dei centri per l’impiego e dei diversi servizi territoriali (tra cui i Cpia per l’insegnamento dell’italiano, la rete SAI, alcune delle imprese individuate attraverso l’elenco ragionato delle imprese stilato), dando vita ad un sistema che coinvolge i centri per l’impiego, i servizi del territorio e gli stessi servizi specializzati cui gli utenti continuano ad essere indirizzati una volta terminato il progetto.
Un altro punto di forza è stata la possibilità di creare sinergie ed economie di scala con altri progetti di Ires e Regione Piemonte attivi in contemporanea sul territorio. Un esempio in tal senso si è verificato nell’ambito della ricerca quali-quantitativa che ha prodotto il report “Rifugiati al lavoro. Quali reti? Quali politiche?”. Quest’ultimo si è rivelato un lavoro a tante mani e in cui è stato possibile sistematizzare tutte le informazioni disponibili – alcune delle quali anche inedite – sui problemi effettivi di accesso al lavoro per i rifugiati e sulle cause del refugee gap, grazie anche al coinvolgimento e alla messa a sistema di altre attività di ricerca in corso (di Ires e dell’Università). I risultati sono stati presentati e discussi nel dicembre 2021 con i principali stakeholder del territorio piemontese attivi sul tema e con il Ministero del Lavoro.
Sul fronte dell’apprendimento della lingua italiana, il progetto Prima ha invece avuto un forte collegamento con il progetto Petrarca, il piano linguistico della Regione, attivo da 8 anni grazie al coinvolgimento dei Cpia. In Prima, anche se previsti, non erano stati inseriti percorsi di apprendimento della lingua italiana/dell’italiano specialistico proprio perché il progetto Petrarca risponde a questa esigenza. I soggetti coinvolti per l’insegnamento della lingua italiana nei vari nodi territoriali previsti dal progetto Petrarca sono diventati i punti di riferimento per il Progetto Prima. In quest’ultimo hanno dialogato con i centri per l’impiego, veicolando l’idea che l’apprendimento della lingua e l’inserimento lavorativo siano due attività parallele e non consequenziali. Il collegamento tra i centri per l’impiego e i Cpia si è rivelato talmente decisivo da essere stato trasferito in un altro progetto (il progetto Sofia, tutt’ora in corso); infatti, non esisteva una reale collaborazione tra questi due enti, se non in pochissimi casi.
Infine, sono da segnalare positivamente il coinvolgimento diretto delle imprese e la rilevazione dei loro bisogni. Di solito, infatti, esse vengono lasciate come soggetto sullo sfondo e le loro necessità non vengono raccolte in via preliminare.
Le criticità
- Un aspetto critico che ha influenzato la gestione del progetto è stata l’assenza, all’interno della partnership, di enti del privato sociale e il fatto che la partnership fosse invece composta solo da enti pubblici. Le procedure e i tempi burocratici conseguenti male si adattavano alle necessità e alle tempistiche progettuali, rallentandone la messa in atto. Pertanto, seppure il partenariato fosse ristretto e ciò giocasse a favore della gestione del progetto, la sua natura esclusivamente pubblica si è rivelata un punto debole.
- Un altro aspetto problematico ha riguardato la possibilità di effettuare una valutazione esterna del progetto per capire l’impatto e l’efficacia delle diverse misure adottate nel garantire un accesso a un lavoro stabile ai beneficiari. Non è stato tuttavia possibile condurre tale valutazione di processo a causa della difficoltà da parte della Regione nel finalizzare l’assegnazione di tale azione a un soggetto esterno.
- Rispetto all’attività di ricerca condotta, è stata riscontrata la difficoltà di disporre di dati sull’inserimento lavorativo che fossero disaggregati per tipologie di permessi di soggiorno, motivo per cui è stato complesso dare evidenza empirica al refugee gap. I dati disponibili sono infatti aggregati, quando non sugli stranieri, solo su stranieri extra Ue, rendendo pressoché impossibile individuare i possessori di un permesso per asilo all’interno di tale categoria. Come indicazione di policy è stata, infatti, segnalata dalle responsabili del progetto l’importanza di raccogliere dati in modo più funzionale, al fine di potere orientare le politiche attive del lavoro a una popolazione sempre più eterogenea.
- Nonostante l’aspetto positivo del coinvolgimento delle imprese nella rilevazione dei loro bisogni, nella parte di formazione e nella stesura della guida, è stato complicato riuscire a intercettarne un numero significativo, soprattutto con riguardo alle organizzazioni datoriali. Erano stati originariamente concepiti protocolli d’intesa tra la Regione (Settore Lavoro) e i settori delle istituzioni legati all’imprenditoria e all’offerta di lavoro ma non è stato possibile stipularli, nonostante i tentativi, per ragioni di difficoltà istituzionale su entrambi i fronti e per le limitazioni legate alla pandemia.
- Rispetto all’esito del momento di discussione finale del progetto, inoltre, non è stato semplice tradurre una serie di proposte in pratiche realizzazioni di interventi, anche piccoli, e a valere sui finanziamenti previsti dal PNRR. È stata riscontrata, a tale proposito, una debole apertura da parte di Regione – Settore Lavoro rispetto a tali stimoli (forse anche a causa di una debolezza strutturale a livello di risorse umane), nonostante il Settore immigrazione della Regione fosse maggiormente ricettivo. Da parte di APL c’è, invece, grande apertura e consapevolezza circa l’impatto del progetto; infatti, ha contribuito significativamente alla creazione di una rete istituzionale su questi temi, tutt’ora attiva sul territorio piemontese. Si spera dunque che il network costituito grazie al progetto Prima sia in grado di cogliere future opportunità finanziarie e stimoli, attivandosi in modo efficace attorno a nuove proposte.
- Un’altra criticità ha riguardato aspetti organizzativi interni alla Regione. Il progetto ha scontato anche la debolezza di passare dalla sovraintendenza del Settore Lavoro della Regione al Settore Immigrazione, a causa di questioni gestionali interne; inoltre, ha sperimentato il cambio a livello regionale di diverse dirigenti e referenti. Anche per tali coincidenze sfavorevoli, quando il Ministero del Lavoro ha offerto la possibilità di ottenere una proroga – pur quanto onerosa – la Regione Piemonte ha deciso di non richiederla e di terminare il progetto.
Le prospettive future
Rispetto alla volontà di continuare sui temi affrontati con il progetto Prima, vi è interesse da parte di APL e di Ires, che ha tutt’ora altre progettualità attive su tale fronte e auspica di continuare ad approfondire la questione, anche in collegamento con altri settori dell’Istituto che si occupano di lavoro. Da parte di Regione Piemonte la disponibilità è al momento meno chiara, ma è ragionevole supporre che l’accesso al lavoro per i cittadini di paesi terzi resterà un tema sentito anche alla luce del progetto Impact (progetto Fami gestito dalla Regione volto a favorire l’occupabilità di soggetti fragili). Nel contesto di futuri progetti, vi è inoltre la volontà da parte di Ires di aggiornare e arricchire la Guida alle imprese per l’inserimento lavorativo dei rifugiati, sviluppata nell’ambito del progetto Prima.
CONTATTI
valetti@ires.piemonte.it henry@ires.piemonte.it
Aggiornato a ottobre 2022