In queste settimane l’emergenza da COVID-19 ha portato all’adozione di misure particolari anche con riguardo alla disciplina dell’ingresso e del soggiorno degli stranieri, dalla sospensione dei termini riguardanti determinate procedure amministrative all’adozione di criteri ad hoc per la gestione dei centri d’accoglienza.
Tuttavia, non è pensabile che l’impatto dell’epidemia sulla disciplina dell’immigrazione possa limitarsi a siffatte misure. Come, in generale, ci si interroga sul dopo assumendo che sarà comunque diverso dall’esperienza del mondo di prima, così ci si deve interrogare in particolare sul dopo per quanto concerne la disciplina dell’immigrazione.
Sarebbe peraltro sbagliato isolare la riflessione su quest’ultima dallo scenario generale; com’è del resto sempre avvenuto, la disciplina dell’immigrazione sarà infatti fortemente condizionata da tale scenario.
Ciò premesso, il primo dato da cui muovere è quello dell’inevitabile e grave crisi economica che vivremo nel 2020 così come nel 2021 e probabilmente anche negli anni successivi. È impossibile oggi indicare anche solo approssimativamente quelle che saranno le sue dimensioni; tuttavia appare certo che avremo più disoccupazione.
Un altro dato da tenere presente è costituito dal fatto che presumibilmente vi saranno per lo meno nel medio periodo forti restrizioni alla mobilità transfrontaliera oltre che ostacoli di vario tipo agli spostamenti aerei.
Riflettendo sul dopo, non va peraltro trascurato anche quanto resterà probabilmente come prima tra ciò che specificamente rileva per la disciplina dell’immigrazione.
Resterà la presenza di centinaia di migliaia di immigrati privi di permesso di soggiorno. L’esperienza delle crisi del passato ci ha mostrato un impatto sempre assai limitato di esse sul numero degli irregolari; e d’altra parte, la crisi economica che abbiamo davanti toccherà seppur con modalità variabile quasi tutti i paesi così come globali saranno probabilmente gli ostacoli alla mobilità, tutti elementi che fortemente freneranno la tendenza, che pure ci sarà, degli irregolari ad andare altrove.
Resteranno inoltre in campo e presumibilmente non indeboliti molti dei fattori – si pensi alle violenze politiche o alle crisi ambientali – che hanno spinto in questi anni molte persone a muovere verso l’Europa per chiedere asilo.
Continuerà infine presumibilmente la transizione indotta dalla tecnologia verso un mondo dove molte persone, e tra queste molti immigrati, rischieranno di divenire, per quel che riguarda la produzione, inutili in quanto prive delle nuove capacità richieste.
Ciò considerato, come dovrà evolversi la disciplina dell’immigrazione?
Dovrà anzitutto completarsi l’impegno per avere un’adeguata disciplina dell’asilo, a livello formale così come di sistema in concreto.
A riguardo andrà affrontato, anche sulla base delle sperimentazioni sviluppate in questi anni in tema di corridoi umanitari, il problema della messa in campo di procedure per una gestione civile extra borders dei flussi e per un esame preliminare extra borders delle domande d’asilo con conseguente rilascio di visti. Se già in questi anni è stato drammatico un contesto senza altra via per l’esercizio del diritto d’asilo dell’affidarsi a organizzazioni illegali, lo sarebbe molto di più in anni, come saranno quelli a venire, segnati da ancor maggiori difficoltà economiche e da paure collettive non certo attenuate.
Sempre in materia d’asilo, andranno riviste le norme di diritto sostanziale, e le relative interpretazioni, per garantire che chi ha diritto secondo la Costituzione e le regole internazionali ed europee ad avere uno status lo riceva già dalle commissioni – anche per evitare il moltiplicarsi dei ricorsi e il sorgere di troppe nuove posizioni irregolari.
Andrà inoltre ulteriormente sviluppato il processo di razionalizzazione del sistema d’accoglienza – valorizzando le migliori esperienze di questi anni – con l’obbiettivo di superare per quanto possibile il ricorso a strutture d’emergenza e ottimizzare il rapporto tra costi e qualità.
Andrà infine affrontato in modo specifico, con adeguate norme e adeguate prassi, il nodo – invero centrale per molti segmenti deboli della popolazione – della formazione nei percorsi d’accoglienza anche tenendo conto della transizione indotta dalla tecnologia cui sopra si è accennato, perché nei prossimi anni sarà ancor più essenziale che i beneficiari di protezione siano per il mercato e in generale per la società sempre meno un problema e sempre più una risorsa.
Dovrà poi essere affrontato il nodo degli irregolari. Già prima della crisi da più parti si auspicava una regolarizzazione, per svariate ragioni. Ora in tal senso paiono pesare ulteriori fattori. In un paese sempre più impoverito, e anche per questo impaurito, non pare davvero opportuno avere centinaia di migliaia di stranieri irregolari e perciò tra l’altro specificamente a rischio rispetto all’illegalità nel suo complesso. Inoltre, le restrizioni ai movimenti transfrontalieri rendono e renderanno difficile, se non impossibile, l’afflusso di lavoratori stagionali, creando carenze di manodopera in alcuni settori – l’agricoltura in primis; e allora ci sarà l’opportunità di agganciare la regolarizzazione al lavoro in tali settori, anche se, considerata la crisi del turismo, le opportunità non saranno moltissime e si porrà poi a fine anno il problema di un’integrazione lavorativa più stabile.
Rispetto alla possibilità di regolarizzare e poi anche di dare un’integrazione lavorativa più stabile andrà valutata anche l’opportunità di regolare-agevolare l’inserimento di lavoratori stranieri da regolarizzare o regolarizzati nel lavoro derivante dal grande programma di opere pubbliche e private che probabilmente sarà una delle risposte alla crisi.
La crescita della disoccupazione renderà invece meno drammatica nel medio periodo la carenza, che caratterizza da anni la nostra disciplina dell’immigrazione, di modalità ragionevoli per l’ingresso dei lavoratori. Perciò il tema di un’adeguata disciplina a riguardo sarà presumibilmente, ancor più di quanto non sia stato finora, ai margini del dibattito. Tuttavia, il tempo che verrà andrà valorizzato per sperimentare soluzioni anche legando – come già in parte si è fatto ma assai più si può fare – questioni all’apparenza separate. Per fare un esempio: perché non pensare ad un accordo ambizioso con la Tunisia capace di mettere insieme, in modo organico, collaborazione economica e quanto alla formazione, gestione extra borders dei richiedenti asilo, rimpatri, e flussi limitati-controllati di persone in cerca di lavoro?
Ennio Codini, Responsabile Settore Legislazione Fondazione ISMU