Art. 1. Misure per la programmazione dei flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri
L’articolo 1 del decreto prevede la definizione delle quote per l’ingresso dei lavoratori stranieri in deroga alle disposizioni dell’articolo 3 del testo unico sull’immigrazione.
La logica è quella di adottare, fino al 2025, una modalità semplificata. Mentre l’articolo 3 del testo unico prevede un documento programmatico triennale e poi l’adozione di decreti flussi annuali, ciascun atto da adottare col proprio complesso procedimento, l’articolo 1 del decreto prevede un solo provvedimento per il triennio. Anche in questo caso il procedimento è complesso, ma c’è la semplificazione che deriva dall’adozione appunto di un solo atto, fatta salva la possibilità di successivi provvedimenti integrativi.
Formalmente la soluzione risponde alla logica di favorire l’immigrazione regolare.
Nell’articolo 1, così come negli altri del decreto, non si affronta però il nodo di fondo costituito dal fatto che, sinora, per la non corrispondenza dei meccanismi legali alle dinamiche dell’immigrazione per lavoro i decreti flussi di regola – fatte salve le quote degli stagionali – non sono stati utilizzati per l’ingresso di nuovi lavoratori bensì per la regolarizzazione di quelli già presenti senza permesso che, d’intesa con i datori di lavoro, li hanno appunto “usati” a tal fine (col datore di lavoro che fa la richiesta e lo straniero che ritorna nel suo Paese per completare la “pratica”).
Di conseguenza, le quote d’ingresso per il triennio varate con procedura semplificata potrebbero, contro l’intenzione dichiarata, dar luogo in concreto all’ennesima sanatoria.
L’ultimo comma dell’articolo 1 contiene poi una singolare disposizione sempre in materia di programmazione dei flussi. Si parla di quote riservate ai lavoratori degli Stati che, anche in collaborazione con le autorità italiane, promuovono campagne mediatiche indirizzate ai propri cittadini (ma sarà da intendersi: alla propria popolazione nel senso più ampio) “aventi ad oggetto i rischi per l’incolumità personale derivanti dall’inserimento in traffici migratori irregolari”. La previsione di agevolazioni legate all’impegno di questo o quello Stato a collaborare col nostro in materia migratoria non è una novità. La novità è costituita da ciò che si vuole valorizzare: campagne mediatiche sui rischi dell’immigrazione irregolare. A riguardo, è chiaro che non si pensa al Paese da cui parte la più parte dei “barconi” diretti verso l’Italia, ossia la Libia, dove le condizioni di contesto rendono impensabile lo sviluppo di siffatte campagne. Forse si pensa alla Tunisia o alla Turchia o magari anche al Senegal, ad esempio. Ma in ogni caso l’indicazione va incontro a due limiti: in generale si sopravvaluta l’efficacia di simili campagne; in particolare poi si muove, come spesso accade quando si parla di immigrati, dall’idea che gli interessati “non sappiano” quando in realtà invece essi sono spesso ben consapevoli dei rischi e si affidano ai canali irregolari perché vogliono comunque coltivare una speranza, venendo da situazioni talora addirittura drammatiche.
Art. 2. Misure per la semplificazione e accelerazione delle procedure di rilascio del nulla osta al lavoro
L’articolo 2 del decreto si muove nella stessa linea di cui all’articolo 1 nel senso che mira anch’esso a semplificare-accelerare le procedure relative all’immigrazione per lavoro. Mentre l’articolo 1 interviene a livello di programmazione dei flussi, l’articolo 2 interviene sulla disciplina riguardante il singolo lavoratore. Si stabilisce, ad esempio, che il nulla osta da parte dello sportello unico è rilasciato nel termine previsto anche laddove la questura competente non abbia nelle more risposto alla richiesta d’informazioni (comma 5.0.1 aggiunto all’articolo 22 del testo unico); che la verifica, sempre ai fini del rilascio del nulla-osta, dell’osservanza del contratto collettivo e della congruità del numero di richieste presentate da uno stesso datore di lavoro rispetto alla sua capacità economica e alle sue esigenze, affidata dal regolamento d’attuazione del testo unico alle Direzioni provinciali del lavoro, compete, invece, ai consulenti del lavoro che producono la relativa asseverazione (nuovo art. 24-bis del testo unico); e che a seguito del nulla-osta lo svolgimento dell’attività lavorativa è consentito anche prima della sottoscrizione del contratto di soggiorno (comma 6-bis aggiunto all’articolo 22 del testo unico).
Siffatte innovazioni vanno senza dubbio, come enunciato nella rubrica dell’articolo 2, a semplificare-accelerare. Tuttavia, riprendendo l’osservazione già proposta con riguardo all’articolo 1, si deve notare che non viene toccato in alcun modo il nodo costituito dalla non corrispondenza dei meccanismi legali alle dinamiche reali dell’immigrazione per lavoro. Perché si conferma lo schema di un ingresso su chiamata di un datore di lavoro quando invece di fatto da sempre in Italia l’incontro tra domanda e offerta avviene nel territorio.
Perciò, come già osservato parlando delle quote, questa semplificazione-accelerazione potrebbe essere destinata a “funzionare”, contro l’intenzione dichiarata del legislatore, essenzialmente in termini di sanatoria secondo la modalità di cui si è detto a proposito dell’articolo 1.
Art. 3. Ingresso e soggiorno al di fuori delle quote
Oltre alle quote previste all’articolo 1, il decreto prevede ulteriori possibilità d’ingresso per determinate categorie di lavoratori. L’articolo 3 dà di fatto seguito al D.Lgs. 253/2016, che aveva introdotto nell’articolo 23 del testo unico gli allora denominati “titoli di prelazione”. Al riferimento allora previsto alle attività di istruzione e di formazione professionale si aggiunge quello a corsi di formazione “civico-linguistica” da attivare, sempre, nei Paesi di origine. Tali percorsi andranno programmati e valutati secondo linee guida predisposte dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (MLPS). Viene quindi ribadita l’importanza della conoscenza della lingua e dei principi del diritto per una più efficace integrazione. L’intervento più decisivo riguarda, tuttavia, l’inserimento nell’articolo 23 del comma 2-bis che specifica che il MLPS è tenuto a comunicare, entro sette giorni, al Ministero dell’Interno e al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale le generalità dei partecipanti ai corsi per la verifica di eventuali elementi ostativi che porterebbero alla revoca del nulla osta e del visto e alla risoluzione di diritto del contratto di soggiorno e del permesso di soggiorno. Lo stesso comma 2-bis prevede poi che la domanda di visto d’ingresso, presentata necessariamente entro sei mesi dalla conclusione del percorso di formazione, sia correlata dalla conferma dell’assunzione da parte del datore di lavoro. Un’ulteriore modifica apportata dal decreto riguarda la possibilità di stipulare accordi con soggetti, pubblici o privati, che operano nel campo della formazione e dei servizi per il lavoro nel Paesi terzi. Tale specifica, prevista dal comma 4-bis, insieme alla predisposizione delle sopracitate linee guida, fornisce strumenti atti a supportare la concreta realizzazione dei corsi garantendo una maggiore uniformità delle proposte.
Se risulta chiaro lo sforzo fatto per l’implementazione del sistema, restano però al momento interrogativi sulla sua reale efficacia. Al di là dell’importanza della formazione, anche pre-partenza, resta di fatto aperta la questione connessa al reale utilizzo fatto fino ad ora delle regole sull’ingresso dei lavoratori. Come evidenziato nell’analisi degli articoli 1 e 2, infatti, la preferenza ricade sui lavoratori comunque già presenti sul territorio e spesso già impiegati. Questo fatto, seppur contra legem, ha una sua comprensibile spiegazione se si pensa all’importanza della fiducia data alla conoscenza, soprattutto in settori particolari quali quelli di cura della persona. Accogliere un lavoratore che non si conosce è più problematico anche in presenza di una già avvenuta formazione. Ma è chiaro che tale dato reale costituisce un’ipoteca sull’efficacia del meccanismo di cui all’articolo 3.
Va poi aggiunto che l’operatività di siffatti meccanismi è collegata inevitabilmente anche alle risorse finanziarie messe in campo e che, a questo proposito, l’articolo 11 del decreto propone la consueta clausola di invarianza finanziaria.
Art. 4. Disposizioni in materia di durata del permesso di soggiorno per lavoro a tempo indeterminato, per lavoro autonomo e per ricongiungimento familiare
Con questo articolo si modifica la norma del testo unico riguardante il rinnovo dei permessi di soggiorno per lavoro a tempo indeterminato, lavoro autonomo e per ricongiungimento familiare (art. 5, “permesso di soggiorno”, commi 3-bis, 3-quater, 3-sexies). Tali permessi hanno una prima durata massima biennale, che è rimasta invariata. Quello che il decreto modifica è la durata del rinnovo, che sarà di massimo di tre anni. In questo modo, con un solo rinnovo, il titolare di questi tipi di permesso di soggiorno avrà raggiunto i cinque anni di residenza regolare sul territorio presupposto per accedere al permesso di lungo soggiorno.
Probabilmente tale innovazione, oltre a mirare a una stabilizzazione maggiore sul territorio di lavoratori stranieri e loro familiari, mira a semplificare le procedure di rinnovo e diminuire l’onere che grava sulle Questure, deputate a gestire rilasci e rinnovi dei permessi di soggiorno e notoriamente oberate dalla gestione del gran numero di pratiche. Per dare un’idea delle quantità, solo nel 2021 i permessi per motivi di famiglia rilasciati dalle autorità sono stati più di 122mila e quelli per motivi di lavoro più di 51mila (dati ISMU), determinando un futuro molto probabile impegno per rinnovi altrettanto numerosi. Da notare che il decreto non modifica la durata dei permessi per lavoro a tempo determinato (massimo un anno), emergendo una tendenza a preferire il soggiorno stabile sul territorio piuttosto che quello temporaneo di breve durata per motivi di lavoro.
Art. 5. Ingresso dei lavoratori del settore agricolo e contrasto alle agromafie
L’articolo 5 del decreto mira ad agevolare l’ingresso dei lavoratori destinati ad operare almeno inizialmente nel settore agricolo.
Quello del particolare fabbisogno di manodopera straniera in tale settore è tema discusso, invero, da anni. L’articolo 5, a questo proposito, prevede che i datori di lavoro operanti nel settore che non sono riusciti ad ottenere tramite l’ultimo decreto flussi del 29 dicembre 2022 tutta la manodopera richiesta godranno di una “priorità” con riguardo ai prossimi decreti riguardanti il triennio. Vale, è chiaro, anche in questo caso l’interrogativo se si tratti – fatto salvo il lavoro stagionale – di nuovi ingressi o di sanatoria relativamente a rapporti di fatto già in essere.
L’articolo 5 prevede, inoltre, l’accrescimento dell’operatività dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) attraverso il conferimento a una parte del suo personale della qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria. Va peraltro osservato che l’azione dell’ispettorato tocca solo indirettamente il tema dell’immigrazione irregolare e dello sfruttamento dei lavoratori immigrati.
Art. 6. Misure straordinarie in materia di gestione dei centri per migranti
L’articolo 6 del decreto detta regole sulla gestione dei centri per migranti qualora si siano manifestate situazioni anomale e comunque sintomatiche di condotte illecite o eventi criminali attribuibili ad un’impresa aggiudicataria di un appalto per la realizzazione di opere pubbliche, servizi o forniture (art.32 del DL 90/2014 convertito con modificazioni dalla Legge 114/2014). Si tratta di misure a garanzia della continuità d’erogazione dei servizi offerti dai centri a salvaguardia dei livelli occupazionali e a tutela dei diritti fondamentali delle persone ospitate. In presenza delle situazioni di cui sopra, infatti, viene previsto l’intervento del prefetto che con proprio decreto nomina commissari chiamati a gestire temporaneamente l’impresa. La selezione viene effettuata tra i funzionari della prefettura, ma non solo, in virtù di specifiche qualifiche e comprovate professionalità. Come previsto dai commi 3 e 4 dell’articolo 32 del decreto-legge 90/2014 come convertito dalla legge 114/2014, durante l’incarico i nuovi amministratori godono di tutti i poteri e ricoprono tutte le funzioni degli organi di amministrazione. Allo stesso modo, essi sono considerati responsabili di eventuali diseconomie dei risultati in caso di dolo o di colpa grave. Durante il periodo di temporanea e straordinaria gestione, i contributi economici destinati al centro sono versati al netto del compenso previsto per i commissari tenendo conto, tuttavia, della capienza del centro stesso e della durata prevista per la nuova amministrazione. Enti responsabili della relativa determinazione sono il Ministero dell’Interno di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Proprio perché si tratta di una misura straordinaria e temporanea, va da subito avviata, da parte del prefetto, la procedura per l’affidamento diretto di un nuovo appalto. Individuati i nuovi gestori del servizio, i commissari precedentemente nominati cessano le loro funzioni.