Secondo i più recenti dati dell’Osservatorio Regionale per l’integrazione e la multietnicità ammontano a 579 milioni di euro le rimesse dalla Lombardia verso i Paesi d’origine a forte pressione migratoria degli immigrati durante il 2019, considerando sia i canali ufficiali sia quelli informali. Il dato indica un vero e proprio crollo (-30,6%) rispetto agli 835 milioni stimati per la regione dallo stesso Osservatorio per l’anno precedente 2018.
Se ipotizziamo che gli stranieri residenti in Italia al 1° gennaio 2019 abbiano la stessa media procapite di rimesse verso i rispettivi Paesi d’origine dei connazionali presenti in Lombardia durante il medesimo anno – e per quanto riguarda coloro i quali hanno cittadinanza di Paesi a sviluppo avanzato un valore pari a quello medio di tutte le altre cittadinanze – Fondazione ISMU può ipotizzare un totale di rimesse da tutto il territorio nazionale verso gli stati esteri pari a 2 miliardi e 269 milioni durante l’ultimo anno 2019, e cioè un valore procapite annuo di 432 euro pari a 36 euro mensili.
I rumeni, in particolare, secondo questa proiezione, avrebbero rimesso durante tutto l’ultimo anno complessivamente dall’Italia 545 milioni di euro in patria, molto più di cinesi (255 milioni) e ucraini (221), al secondo e al terzo posto in graduatoria, che però sono molto meno numerosi in Italia a livello numerico assoluto dei rumeni (oltre 1,2 milioni i rumeni contro meno di 300mila i cinesi residenti e meno di 240mila gli ucraini); e di filippini (138 milioni) e senegalesi (95) in quarta e quinta posizione (rispettivamente circa 170mila e circa 110mila). È molto interessante come, dietro ai rumeni, questi quattro gruppi nazionali seguenti in graduatoria in termini assoluti siano anche i primissimi fra tutte le nazionalità per rimesse medie procapite. Gli ucraini, in particolare, risultano in testa con una media di 77 euro procapite di rimesse al mese, davanti non a caso ai senegalesi, con 72 euro, che sono l’altro gruppo maggiormente sbilanciato per genere: quanto gli ucraini sono prevalentemente di sesso femminile (nel 77,6% dei casi), quasi tanto come noto i senegalesi sono uomini o bambini (nel 74,4% dei casi). Sicuramente in tali due collettivi fortemente sbilanciati per genere, al femminile (ucraini) o al maschile (senegalesi), sono infatti relativamente meno presenti coppie e famiglie e l’emigrazione è dunque maggiormente mirata al guadagno economico con la prospettiva magari di tornare poi al Paese d’origine o comunque di aiutare per il momento familiari, amici e conoscenti in patria. In particolare tra le donne ucraine è noto un mandato migratorio spesso di breve durata, con un impiego nelle attività di assistenza domiciliare con l’intenzione di massimizzare quanto più possibile i profitti e l’obiettivo di rientrare al Paese d’origine per ivi realizzare progetti familiari e individuali.
Al contrario, all’interno dei gruppi nazionali laddove sono maggiormente presenti in Italia famiglie e figli minorenni la sfera affettiva e le prospettive di vita risultano ormai maggiormente rivolte al nuovo contesto di emigrazione e dunque minore è la quota di introiti che le famiglie destinano normalmente alle rimesse verso il Paese d’origine. E, da questo punto di vista, all’interno di tale modello fanno probabilmente allora eccezione i gruppi asiatici di cinesi e filippini i quali, nonostante emigrazioni spesso familiari o comunitarie, non rinunciano alle rimesse verso il proprio Paese d’origine, come visto al terzo posto e al quarto posto in graduatoria rispettivamente con 71 e 68 euro al mese: gli uni probabilmente poiché si sentono comunque membri di una comunità nazionale globalmente sparsa nel mondo, e anche in virtù di maggiori redditi medi; mentre i filippini sulla scorta comunque di un recente passato di forte impatto nell’aiuto domestico alle famiglie lombarde – sostituite appunto, più di recente, dalle donne dell’Est europeo ex sovietico con incarichi più di assistenza agli anziani – e sfruttando un forte effetto di forza della valuta comunitaria europea rispetto a quella del Paese d’origine (piso filippino).
Tutti gli altri collettivi nazionali si collocano ben lontani dal range di 68-77 euro procapite riferibili a ucraini, senegalesi, cinesi e filippini, a partire dai moldovi (49 euro) e poi bangladeshi (40) e rumeni (38), ma dietro questi gruppi nazionali si segnalano ad enorme distanza in particolare gli ultimi due, perfino al di sotto dei 20 euro procapite: marocchini e albanesi con 16 euro di rimesse procapite, come del resto egiziani e pakistani 19 euro ed indiani 18.
Ed è interessantissimo, da questo punto di vista, il comportamento peraltro noto di marocchini ed albanesi, dietro ai rumeni i gruppi più numerosi in assoluto sul territorio lombardo e dalla presenza ormai storica ed integrata in regione, i cui legami coi rispettivi Paesi d’origine si sono infatti ridotti maggiormente rispetto a quelli dei cittadini di altri stati, intaccando così fortemente i rispettivi volumi medi delle rimesse procapite che risultano i più bassi fra tutti i gruppi nazionali. Nonostante siano al secondo e al terzo posto per numero di residenti in Italia in termini assoluti, così, albanesi (più di 440mila residenti in Italia) e marocchini (più di 420mila) si collocano dietro a rumeni, cinesi, ucraini, filippini e senegalesi per volume complessivo di rimesse, pari in entrambi i casi a 82 milioni di euro per l’anno 2019, a loro volta davanti a moldovi (76 milioni), bangladeshi (66) e polacchi (61 milioni).
Figura 1 – Paesi del mondo per milioni di euro di rimesse dall’Italia durante il 2019
Fonte: Elaborazioni ISMU su dati Osservatorio Regionale per l’integrazione e la multietnicità e Istat
di Alessio Menonna, Settore Statistica, Fondazione ISMU