Nel complesso, il nuovo sistema sotteso al Patto mira a prevenire l’ingresso sul territorio dell’UE, rafforzando il ricorso alle c.d. procedure di frontiera e accelerate, finalizzate a valutare l’eventuale infondatezza o inammissibilità delle domande di asilo (durante lo svolgimento di queste procedure le persone non sono autorizzate ad entrare nello Stato membro, pur trovandosi sul territorio, e confermando il mantenimento della “finzione di non ingresso”, ritenuta elemento essenziale dal Consiglio).
Dopo aver superato una procedura di screening iniziale, volta all’identificazione, ad effettuare controlli sanitari e di sicurezza, nonché al rilevamento delle impronte digitali e alla registrazione nella banca dati Eurodac, che dovrebbe durare al massimo 7 giorni, le persone (fermate in caso di attraversamento non autorizzato della frontiera esterna per via terrestre, marittima o aerea, sbarcate a seguito di un’operazione di ricerca e soccorso in mare, che abbiano presentato domanda di protezione internazionale presso i valichi di frontiera esterni o nelle zone di transito senza soddisfare le condizioni d’ingresso) saranno infatti indirizzate verso la procedura ritenuta appropriata (rimpatrio o protezione internazionale), eventualmente tramite una procedura di frontiera o accelerata, di cui si accresce l’utilizzo.
La riforma, che le istituzioni europee in una dichiarazione congiunta hanno definito storica ritenendo che fornisca all’UE una solida base giuridica per gestire la migrazione in modo completo e integrato, ma che ha suscitato dure prese di posizione da parte di numerose associazioni della società civile, preoccupate per il rischio di compressione dei diritti fondamentali, tanto da rivolgere un appello ai Parlamentari europei perché si esprimessero in senso contrario, necessita ora dell’approvazione formale del Consiglio per la sua adozione finale.
Gli Stati membri avranno, poi, 24 mesi per conformarsi alle nuove norme dopo l’entrata in vigore dei relativi atti legislativi.
Ma, l’efficacia del nuovo quadro giuridico dipenderà dalla sua attuazione concreta e ciò richiederà
- l’adozione e l’applicazione di adeguamenti normativi a livello nazionale
- lo sviluppo o il potenziamento di attrezzature e infrastrutture
- l’implementazione di nuovi sistemi, processi e procedure e di attrezzature e infrastrutture
- un coordinamento rafforzato a livello nazionale e UE e un maggiore sostegno operativo e finanziario.
Come ha ben messo in luce la presidenza belga, garantire la transizione al nuovo quadro normativo sarà una priorità comune fondamentale nei prossimi due anni.
La Conferenza interministeriale del 29-30 aprile costituisce l’avvio di un processo, che inizierà formalmente già prima della prossima estate, subito dopo le elezioni europee e probabilmente in concomitanza con la designazione della nuova presidenza della Commissione europea.