Comunicato stampa
Bruxelles, 15 luglio 2020
La seconda edizione dello studio finanziato dall’UE mostra che dal 2017 sono stati compiuti solo progressi frammentari rispetto a standard elevati di integrazione dei rifugiati in tutta Europa.
Gli Stati membri dell’UE presentano ancora uno scenario di politiche e leggi carenti, non sussistendo tra i diversi Paesi un sistema comparabile di accesso a un’integrazione a lungo termine.
Lo studio propone una valutazione comparativa, basata su parametri di integrazione dei rifugiati in 14 Paesi nel 2019: Bulgaria, Repubblica Ceca, Francia, Grecia, Ungheria, Italia, Lettonia, Lituania, Paesi Bassi, Polonia, Romania, Slovenia, Spagna e Svezia.
Seguendo gli standard stabiliti dalla legislazione europea e internazionale, il rapporto di monitoraggio scritto per il “National Integration Evaluation Mechanism (NIEM)” fornisce criteri concreti su come i governi possano rispondere meglio alle sfide legate all’integrazione dei rifugiati, utilizzando le buone pratiche esistenti e armonizzando le rispettive politiche.
“Questa ricerca fornisce ai governi e a coloro che godono di un potere decisionale, uno strumento utile al fine di identificare le lacune nel quadro giuridico e politico del loro paese, imparando da ciò che viene fatto in altri Stati membri dell’UE e adottando misure per migliorare l’integrazione dei rifugiati“, dice Carmine Conte, Legal Analyst del Migration Policy Group e uno tra i ricercatori coordinatore del rapporto.
“I 120 indicatori valutati nel nuovo Rapporto possono essere visti come una tabella di marcia verso una politica globale di integrazione dei rifugiati”. Con il nostro supporto alle istituzioni, alla società civile e agli esperti di ciascuno dei Paesi partecipanti, i risultati della ricerca saranno da stimolo al dibattito e contribuiranno a sviluppare politiche basate su dati concreti“.
Tra i principali risultati della ricerca emerge che
- Pochi cambiamenti significativi si sono verificati dal 2017. Le lacune più evidenti permangono nelle politiche che sostengono l’integrazione e nella collaborazione tra più soggetti interessati: i Paesi sono più competenti nel garantire l’accesso ai diritti e un quadro giuridico adeguato.
- I Paesi che hanno registrato maggiori progressi in tutte le aree prese in considerazione sono Francia e Lituania, seguite da Lettonia e Slovenia. Tra i Paesi che hanno compiuto passi indietro troviamo la Romania, l’Italia e l’Ungheria.
- Le aree con le dinamiche positive più significative tra il 2017 e il 2019 comprendono l’occupazione, la salute e l’istruzione. I settori che hanno visto il maggior numero di Paesi in peggioramento sono la residenza, l’alloggio e la salute.
- Le disuguaglianze tra coloro che hanno riconosciuto lo status di rifugiato e di beneficiario di protezione sussidiaria non si riducono, comportando ostacoli all’integrazione in particolare per quanto concerne l’unità familiare, la residenza permanente e l’accesso alla cittadinanza.
- Solo in via eccezionale i Governi europei lavorano in partenariato con la società civile, le autorità locali o regionali e gli stessi rifugiati nello sviluppo e nell’attuazione delle politiche.
- Gli Stati sono restii a fornire un sostegno iniziale ai richiedenti asilo. Nella maggior parte dei Paesi, l’apprendimento delle lingue, l’orientamento sociale, la formazione professionale e l’occupazione sono opportunità mancate per l’integrazione.