Un recente studio dimostra come i Paesi dell’Unione Europea non riescano a garantire i medesimi standard nelle politiche di integrazione dei rifugiati.
Lo studio evidenzia quanto i Paesi europei siano lontani dal garantire una prospettiva di miglioramento delle condizioni di vita dei rifugiati, nonostante gli standard stabiliti dall’Unione Europea e dal diritto internazionale.
Lo studio realizzato nell’ambito del “National Integration Evaluation Mechanism ( NIEM)” mette a confronto l’integrazione dei rifugiati in 14 Paesi europei: Repubblica Ceca, Francia, Grecia, Ungheria, Italia, Lettonia, Lituania, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Romania, Slovenia, Spagna e Svezia, rivelando come le politiche degli Stati membri divergano e falliscano nel garantire un’armonizzazione nell’integrazione dei rifugiati.
I key finding dello studio:
- I rifugiati in qualsiasi ambito della loro vita raramente sperimentano condizioni totalmente favorevoli all’integrazione;
- La sanità e l’educazione sono i settori nei quali si riscontra il maggior impegno per rispondere alle necessità dei rifugiati. Molto deve essere ancora fatto in relazione alla formazione, all’impiego e alla casa.
- I Paesi europei sono in media più efficienti nel garantire l’accesso ai diritti piuttosto che alla creazione di politiche e misure che supportino l’integrazione.
- Le barriere amministrative sono diffuse, specialmente per quanto concerne l’aiuto a ottenere un alloggio.
- Una delle più grandi sfide dei Paesi europei risiede nel coordinamento delle politiche e nel coinvolgimento di abitanti e rifugiati stessi nella creazione di possibili soluzioni.
- La maggior parte dei governi nazionali non collabora con la società civile e con le amministrazioni locali e regionali, per lo sviluppo e il miglioramento delle politiche.