Tassi di affezione da COVID-19 tra gli stranieri in Italia: massimi tra i latinoamericani, minimi tra i cinesi – Comunicato stampa 13.5.2020
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Il sentiero, tortuoso, per giungere alla “regolarizzazione”: posizioni a confronto
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Brevi note preliminari in vista della regolarizzazione

In attesa della regolarizzazione che sembra imminente, pare utile mettere in evidenza alcuni punti:

 

  • La scelta, secondo la tradizione italiana, è quella di ricorrere a un provvedimento straordinario. Continuerà a mancare, quindi, un quadro normativo stabile di riferimento per i processi di regolarizzazione (quadro che invece si riscontra in altri paesi), continuandosi a definire e disciplinare la regolarizzazione con previsioni ad hoc campagna per campagna. Questo ripartire ogni volta “da zero” può essere considerato negativo, ma nell’attuale contesto di emergenza presumibilmente non vi sono le condizioni per affrontare la questione

 

  • alcuni parlano e parleranno di regolarizzazione, altri di sanatoria. L’uso dell’uno o dell’altro termine può essere valutato a due livelli. A un primo livello, si tratta di mera retorica, nel senso che i fautori parlano di regolarizzazione e gli avversari di sanatoria (poiché quest’ultimo termine nel linguaggio ha assunto un significato spesso non molto positivo). A un secondo livello si può invece seppur con cautela ravvisare la possibilità di una scelta dell’uso del termine a seconda delle caratteristiche del provvedimento nel senso che il termine sanatoria, come il termine condono (in uso in urbanistica o quanto ai tributi) o il termine amnesty spesso utilizzato negli USA anche in materia di immigrazione, viene impiegato per lo più quando la finalità primaria della misura è quella di rendere non applicabili le sanzioni (nel caso degli immigrati, anzitutto l’espulsione), mentre il termine regolarizzazione (regularization) viene impiegato per lo più quando l’obbiettivo è per così dire più ambizioso nel senso che si vuole trasformare stabilmente una situazione di complessiva irregolarità  – riguardante, nel caso degli immigrati, sia la mancanza di un permesso di soggiorno che il lavorare “in nero” – in una situazione di complessiva regolarità quanto al soggiorno e ai rapporti di lavoro volendosi in tal modo anche migliorare nell’insieme la situazione economica e sociale del paese

 

  • se si accetta l’indicazione di cui al punto precedente, probabilmente quella di cui si parla sarà una tipica regolarizzazione, perché l’obiettivo non è solo, o tanto, quello di sottrarre migliaia di stranieri al rischio di un’espulsione quanto piuttosto quello di farli uscire da una complessiva condizione di irregolarità dando loro un permesso di soggiorno e, insieme, un lavoro regolare

 

  • per le caratteristiche di cui sopra, questa regolarizzazione sarà nella linea di altre del passato come quella connessa alla legge Bossi-Fini o quella cosiddetta Maroni del 2009-2010

 

  • peraltro, questa regolarizzazione dovrebbe avere per lo meno un tratto peculiare: seppur finalizzata anche a far uscire gli immigrati beneficiari da una complessiva condizione di irregolarità dando loro un permesso e, insieme, un lavoro regolare, essa, in quanto legata solo o comunque anzitutto al lavoro agricolo, dovrebbe avrebbe anche una primaria finalità di carattere economico: consentire agli imprenditori agricoli che vogliono porre in essere regolari rapporti di lavoro di “ingaggiare” immigrati irregolari, che verrebbero così regolarizzati, in un contesto nel quale il “blocco” delle frontiere per l’emergenza sanitaria ha bloccato i flussi di lavoratori stagionali determinando così una carenza di manodopera. Questo fermo restando che, per i meccanismi che si ipotizzano, della regolarizzazione potrebbero beneficiare anche datori di lavoro e lavoratori che già hanno tra loro rapporti “in nero”

 

  • malgrado la peculiarità di cui al punto precedente, nei suoi meccanismi la regolarizzazione che si annuncia appare comunque simile ad altre, con in particolare, a seconda di come si configurerà, due possibili riferimenti a esperienze del passato. Se riguarderà solo i lavoratori agricoli o comunque pochi settori ben delimitati, sarà simile alla “Maroni”. Se, invece, sarà aperta in generale ai “lavoratori”, sarà simile piuttosto a quella di cui alla legge Bossi-Fini

 

  • le analogie cui si è accennato al punto precedente, si noti, dovrebbero consentire, e consentiranno a un ente di ricerca come la Fondazione ISMU, di valutare il provvedimento sulla base delle analisi svolte in passato sulle regolarizzazioni simili potendosi così tra l’altro proporre, anche sulla base di tali analisi, già alla definizione dei tratti della misura risposte a quesiti fondamentali quali ad esempio i seguenti: sarà questa regolarizzazione un fattore attrattivo per ulteriori flussi in qualche modo irregolari? Sarà questa regolarizzazione tale per cui i beneficiari resteranno poi nella legalità anche nel medio periodo? In che misura essa lascerà comunque un certo numero di immigrati in posizione irregolare?

 

di Ennio Codini, Responsabile Settore Legislazione Fondazione ISMU

Milano, 28.4.2020